Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) II.djvu/144

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ALCESTI 141



primo corifeo

Fa’ cuor: per lui parlare non mi pèrito.
Quanto brami farà, se non è folle.

admeto

Sarà, tutto sarà. Non temere. Io
t’ebbi sposa da viva; e morta, ancora
unica sposa mia detta sarai.
Niuna Tessala piú mi chiamerà
sposo, e sia pur di nobil sangue, sia
di vaghissime forme. Ai Numi, questo
soltanto io chiedo: che mi sia concesso
gioir dei figli, or che di te gioire
piú non m’è dato. E non un anno il lutto
tuo porterò; ma sin ch’io resti in vita,
o sposa: e aborrirò la madre mia,
il padre aborrirò. M’erano amici,
non a fatti, a parole. Invece tu,
la carissima vita in cambio offerta,
salvato m’hai. Come potrei non piangere,
perduta avendo una compagna tale?
Porrò fine ai convivî, ed ai simposî,
alle ghirlande, ai canti che sonavano
nella mia casa. Piú non toccherò
cetra, né piú solleverò lo spirito,
cantando al suon di flauto libio. Tu
della vita m’hai tolto ogni diletto.
La tua figura effigïata dalla
mano di saggio artefice, starà
distesa su le coltrici; ed io, prono
accanto a lei, la cingerò con queste