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Ma questi erano elementi greggi, materia offerta e proposta all’artista. Naturalmente, l’importante era il sigillo speciale che in essa ognuno di loro sapesse imprimervi.

Ed ora, dopo la scoperta dei Satiri alla caccia di Sofocle, possiamo anche istituire un confronto, elemento sempre prezioso per il giudizio.

Io già cercai di rilevare il carattere del drammetto di Sofocle, e di mettere in luce quanto scapiti per ogni verso di fronte al Ciclope di Euripide. Il Ciclope esercita sul nostro spirito un incomparabile fàscino; e potei averne la prova obiettiva nel caldo successo che accompagnò la sua rappresentazione a Milano, a Padova, a Siracusa. Gli spettatori ci si divertono come fosse scritto oggi (da un drammaturgo di talento, si capisce).

E al solito, questo fàscino dipende da una egregia concezione e realizzazione di caratteri.

Abbiamo parlato di Ulisse, eroe magnifico e simpatico, tanto valoroso quanto giusto ed eloquente.

A contrasto con lui, Sileno, perfetto tipo di Pulcinella, ma Pulcinella arguto, e non già melenso, come il suo collega dei Satiri alla caccia. Potrebbe figurare senza disdoro accanto ai piú indiavolati personaggi di Aristofane.

Concezione di prim’ordine è anche il Ciclope. Non semplice buffone, ma creatura piena di significato. È il bestione primitivo, quale può immaginarlo una mente filosofica indipendente e fantasiosa. Rappresentante delle pure forze di natura. Privo di lume divino, ma tutt’altro che destituito di comprendonio. Anzi, una volta ammessa la sua concezione materialistica della vita, la sua filosofia, espressa con parole tanto fluide ed eloquenti, non fa una grinza. Ricorda, a tratti, L’uomo sicuro di Mörike. Dunque, creatura nata nel crogiuolo