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I SATIRI ALLA CACCIA 197

disparvero anche i satirelli, e furono sostituiti da un altro coro. Allora partí dalle file degli spettatori il famoso grido: Oudèn pròs tòn Diónyson: di Diòniso non c’è piú neppur l’ombra!

Si pensò allora, non sappiamo quando, né in quale circostanza, a ricondurre quello spettacolo, che rimaneva pur sempre ufficiale e sacro, alle sue prime origini. Ma l’arte raffinata non può tornare semplicemente agli incunaboli. Sicché si fece quello che con vocabolo moderno e francese si direbbe pastiche: si riprodusse l’antico dramma satiresco con la raffinata tecnica moderna. Ond’esso manteneva del prisco dramma tragico l’obbligatorio coro di satiri, e, pel suo tramite, aveva sempre attinenza piú o meno diretta con Diòniso; ma pel resto derivava forma e stile dai due tipi drammatici che intanto si venivano gloriosamente svolgendo: la commedia e la tragedia. Non è tuttavia senza interesse osservare che l’ingegnosissimo Euripide, meglio disposto dei suoi predecessori a sentire questo genere d’arte, riprese talora anche l’originario ritmo trocaico. Ecco due vaghissimi frammenti del suo Autolico satirico, oggi perduto:

283

E dal monte, entro panieri — legna portano i somieri.

284

E le briglie di corteccia — pei corsieri intanto intreccia.

Il primo compositore di drammi satireschi fu Pratina. A lui seguirono Aristia e i tre grandi tragici, e una folla di minori, sino ad alcune tarde reviviscenze bizzarre, una di Licofrone, una attribuita, e non è certo che l’attribuzione sia falsa, ad Alessandro Magno.