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il dedalione o ver del poeta 489

De. Necessario.

Ti. E pur tuttavia vestir possiamo i cuoi delle capre e le pelli de’ cavalli e de’ buoi.

De. Vero è; ma per la medesima cagione di sopra, perciò che incomodo sarebbe questo vestito, chiamasi quel delle tele e de’ panni necessario.

Ti. Mi dirai ch’io sia fastidioso, ma abbi pacienza. Dimmi un poco: l’abitar nelle case fabricate per mano di buoni architettori et il ridursi sotto i tetti di tavole o di canne come qui usiamo, è necessario o no?

De. Necessario.

Ti. E nonostante potremmo nelle grotte, e negli antri e nelle capanne ridurci senza por tanta fatica et industria in edifici et in fabriche. ║ [24]

De. Cotesto non nego, ma per l’istessa ragione da me addotta di prima, si dice necessario ancor l’abitare.

Ti. Tal che tu dai due necessarii infino a questa ora: uno assoluto e principale senza del quale veramente vivere non possiamo, come verbigrazia l’aere in che respiriamo e l’esche da vivere e simili, e l’altro secondo, avendo riguardo alle incomodità le quali sarebbono sì grandi che a pena si potrebbe vivere, che chiamaremo quasi principale e quasi assoluto.

De. Verissimo.

Ti. Poichè abbiamo congregato questi uomini i quali veramente per reggere la lor vita di niuna altra cosa hanno di mestiere, ti domando se è necessario il principe che gli regga e governi.

De. Sì veramente.

Ti. E così, per conseguente, dell’avocato, del notaio, del procuratore perciò che costoro in quanto agli altri son necessarii et in quanto a sè utili? Così del medico, del fabro, del calzolaio, del legnaiuolo e somiglianti?

De. In buona maniera.

Ti. Ma non già del ruffiano, del mimo, dell’adulatore, del musico, del poeta e d’altri sì fatti?

De. Non mai.