Pagina:Ultime lettere di Jacopo Ortis.djvu/174

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DISCORSO fiUL TESTO DEL POEMA DI DANTE.

la prima ; e se invece di riportarsi di memoria alla lettera a Cane della Scala, l’avesse riletta attentissimo, si sarebbe gio- vato della seconda. Se non che poi s’attiene alla prima, occu- pato egli pure dall’opinione che la Commedia, vivente l’autore, fosse applaudita in Italia ’. Il che essendo ammesso da ogni uomo in via d’ipotesi necessaria a illuminare molti passi oscu- rissimi, li rimove dalla loro tendenza, e vela più sempre la poesia e le intenzioni di Dante.

XXXVII. Così, e la dottrina de’ critici — e alcuni sono dotti davvero — e il desiderio sincerissimo di taluni di sdegnare il merito di dottori sottili, e le lunghe meditazioni di tutti sul testo, tornano alle volte in errori. Ma tale è il frutto per lo più di ogni ipotesi. Non sospettando se la Commedia potesse pubblicarsi innanzi che la crudeltà de’ persecutori fosse vinta dalle armi, trascurano nel verbo vincere i sensi nativi di su- perare j domare, ahlassare, e sempre per forza irresistibile; (e poco dopo in quel canto medesimo Vignilo splendore vinse — sforzò a chinarsi — il volto di Dante in guisa che Beatrice gli disse: leva la testa *) e non veggono fuoi^chè i significati ac- cattati di placare, piegare, ammollire una città guelfa a dare l’alloro a un poeta, appunto mentr’ ei la irrita, intimando di non volersi riconciliare. E da che noi tutti avvertiti dal suo stile e da’ suoi sdegnosi precetti — « non siano li miseri vol- » gari anche di questo vocabolo ingannati » ’ — pesiamo a scrupoli e grani il valore d’ogni sua parola, pur ninno mai sospettò s’egli scrivendo PRKNnERò, intimasse che non voleva ricevere la corona finché la città era governata dalla fazione che lo aveva esiliato. E parimenti nelle parole ritornerò poeta, come che ninno ignori che innanzi l’esilio ei tenevasi , ed era, e ogni Italiano giudicavalo il primo fra quanti cantavano quando amore spirava % ninno sospettò s’ei volesse significare n7orwerò a manifestar, ni poeta sacro e tremendo. Inoltre , mentre tutti dichiarano cappello per laurea poetica, presso che tutti, contro la legge inviolabile a lui di non mai stemperare le idee per vaga dovizia, com’ altri la nomina, di locuzione, dichiarano ALTRA VOCE fama poetica, e altro vello divisa poetica e non di magistratura. Alcuni pochi per voce chiosano fama in gene- rale, e poco manca che non s’appongano; tuttavia, sapendo che vello è una pelle a bioccoli d’ animale irsuto , e propriamente di montone, e che Dante tre versi innanzi chiamasi agnello quand’era ancor giovine, vedono nell’ALTRO vello la sua barba e le chiome mutate dagli anni *. Vero è che l’Aurora fra gli amorosi balli,

Pettinando al suo recchio i bianchi velli,


1 Note a’ versi 7-9.

2 Paradiso, XXV, 27-36.

3 Convito, pag. iì5.

4 Purgatorio XXIV, 52-f.3, e altrove.

Vedi i varj pareri neirediz. Padovana, Paradiso, XXV, 7-9.


DISCORSO