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16 prefazione.

rito.» Ciò è verissimo, ed è uno dei più begli elogi che si potessero fare di quel libro. Volesse Iddio che fossero molte le opere letterarie dei nostri tempi, le quali avessero la virtù di farci soprassedere di quando in quando alla lettura per digerir bene le idee, e reggere agli affetti che rampollano nella nostra mente e nel nostro cuore!

Ora sarebbe il caso di ragionare alquanto del Discorso sul Testo della Divina Commedia, che abbiam fatto seguire alle Ultime Lettere di Jacopo Ortis. Ma venendoci meno lo spazio, ci contenteremo di dire che è un libro fatto con coscienza, come usava fare tutti i suoi libri il Foscolo. Questo Discorso è pieno da capo a fondo di una immensa erudizione, e rischiarato dal lume della critica più acuta e dignitosa. Fra i tanti e tanti comentatori della Divina Commedia niuno ebbe mai la soda erudizione, il fine criterio, e l’animo alto, libero e sdegnoso della menzogna da comprenderla a fondo come il Foscolo. Chiunque voglia accostarsi più da vicino al significato del grande poema dell’Allighieri, legga attentamente questo Discorso, e con questa lucidissima fiaccola alla mano s’interni nella selva misteriosa, e scorgerà il vero sotto il velame delli versi strani. Ci si porgerà l’occasione di parlarne distesamente in un altro volume di questa Biblioteca ragionando dell’Allighieri. Porremo termine a questa prefazione con le parole di Giuseppe Mazzini, che compendiano tutta la grandezza dell’intelletto e dell’animo del nostro autore. «Al Foscolo gli Italiani devono riverenza eterna, per avere egli primo cogli atti e gli scritti rinvigorito a fini di Patria il ministero del letterato.»


francesco costèro.