Pagina:Una sfida al Polo.djvu/117

Da Wikisource.

la baia di hudson 111


Il potente esplosivo li aveva, per modo di dire, polverizzati. Gli altri invece scappavano a tutte gambe, colle code basse, ululando spaventosamente.

— Credo che sia bastato, — disse il canadese.

— Che strage, signor Gastone! — esclamò lo studente.

Poi udendo ancora il meccanico brontolare, gridò:

— Ohè, mastro Dik, vi è caduto addosso qualche lupo?

— Ho perduto la mia coperta di neve che mi teneva così caldo, — rispose l’ex-baleniere. Mi è stata portata via di colpo.

— Posso offrirvene una di buona lana accanto alla stufa, insieme a una mezza bottiglia di wisky vecchio quanto Noè.

Lasciate il vostro covo di orsi bianchi, ora che i lupi si sono congedati. —

Se non vi fosse stata la promessa di un paio di bicchieri di quella fortissima bevanda della quale tutti gli americani fanno un uso smodato, probabilmente l’ex-baleniere, che se ne rideva delle nevi, non si sarebbe mosso, ed avrebbe attesa un’altra coperta candida. Bevitore emerito, come lo sono quasi tutti gli uomini di mare, non seppe resistere alla tentazione e saltò a terra sprofondando nella neve fino alle anche, e raggiunse la porta del carrozzone già aperta.

— Volevate proprio dormire lassù al fresco? — gli chiese Walter, chiudendo subito, affinchè il dolcissimo calore della stufa non sfuggisse. — Io mi trovo meglio qui, non essendo nato esquimese. —

Dik alzò le spalle e si attaccò alla bottiglia.

Il canadese rinchiuse accuratamente la cassetta delle pericolose cartuccie e si mise a preparare la cena, aiutato dallo studente.

Intanto fuori continuava a nevicare ed il vento sibilava o