Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/168

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parte una sua lunga e molto fastidiosa infermità, et in ultimo la morte di papa Clemente, che ruppe al tutto quella pratica. Avendo Iacopo, dopo le già dette opere, ritratto di naturale in un quadro Amerigo Antinori, giovane allora molto favorito in Fiorenza, et essendo quel ritratto molto lodato da ognuno, il duca Alessandro avendo fatto intendere a Iacopo che voleva da lui essere ritratto in un quadro grande, Iacopo per più commodità lo ritrasse per allora in un quadretto grande quanto un foglio di carta mezzana con tanta diligenza e studio, che l’opere de’ miniatori non hanno che fare alcuna cosa con questa; perciò che, oltre al somigliare benissimo, è in quella testa tutto quello che si può disiderare in una rarissima pittura. Dal quale quadretto, che è oggi in guardaroba del duca Cosimo, ritrasse poi Iacopo il medesimo Duca in un quadro grande con uno stile in mano disegnando la testa d’una femina, il quale ritratto maggiore donò poi esso duca Alessandro alla signora Taddea Malespina sorella della marchesa di Massa. Per quest’opere disegnando il Duca di volere ad ogni modo riconoscere liberamente la virtù di Iacopo, gli fece dire da Niccolò da Montaguto suo servitore che dimandasse quello che voleva che sarebbe compiaciuto. Ma fu tanta, non so se io mi debba dire la pusillanimità o il troppo rispetto e modestia di quest’uomo, che non chiese se non tanti danari quanto gli bastassero a riscuotere una cappa che egl’aveva al presto impegnata. Il che avendo udito il Duca, non senza ridersi di quell’uomo così fatto, gli fece dare cinquanta scudi d’oro et offerire provisione, et anche durò fatica Niccolò a fare che gl’accettasse. Avendo in tanto finito Iacopo di dipignere la Venere dal cartone del Bettino, la quale riuscì cosa miracolosa, ella non fu data a esso Bettino per quel pregio che Iacopo gliela avea promessa, ma da certi furagrazie, per far male a Bettino, levata di mano a Iacopo quasi per forza e data al duca Alessandro, rendendo il suo cartone al Bettino. La qual cosa avendo intesa Michelagnolo n’ebbe dispiacere per amor dell’amico a cui avea fatto il cartone, e ne volle male a Iacopo, il quale se bene n’ebbe dal Duca cinquanta scudi, non però si può dire che facesse fraude al Bettino, avendo dato la Venere per comandamento di chi gl’era signore, ma di tutto dicono alcuni, che fu in gran parte cagione, per volerne troppo, l’istesso Bettino. Venuta dunque occasione al Puntormo, mediante questi danari, di mettere mano ad acconciare la sua casa, diede principio a murare, ma non fece cosa di molta importanza. Anzi, se bene alcuni affermano che egli aveva animo di spendervi secondo lo stato suo grossamente e fare una abitazione comoda e che avesse qualche disegno, si vede nondimeno che quello che fece, o venisse ciò dal non avere il modo da spendere o da altra cagione, ha più tosto cera di casamento da uomo fantastico e soletario che di ben considerata abitura: conciò sia che alla stanza dove stava a dormire e tal volta a lavorare si saliva per una scala di legno, la quale entrato che egli era, tirava su con una carrucola, a ciò niuno potesse salire da lui senza sua voglia o saputa. Ma quello che più in lui dispiaceva agl’uomini si era che non voleva lavorare se non quando et a chi gli piaceva, et a suo capriccio; onde essendo ricerco molte volte da gentiluomini che disideravano avere dell’opere sue, et una volta particolarmente dal Magnifico Ottaviano de’