Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/237

Da Wikisource.

è Sant’Agata con le mani legate et in mezzo a due soldati che le tagliano e lievano le mammelle. Battista d’Agnolo del Moro veronese fece, come s’è detto, nel medesimo Duomo la tavola che è all’altare di Santa Maria Maddalena; e Ieronimo parmigiano quella di Santa Tecla. A Paulo Farinato veronese fece fare quella di San Martino, et al detto Domenico Brusasorzi quella di Santa Margherita; Giulio Campo cremonese fece quella di San Ieronimo. Et una, che fu la migliore dell’altre, come che tutte siano bellissime, nella quale è Santo Antonio abbate battuto dal demonio in vece di femina che lo tenta, è di mano di Paulo Veronese. Ma quanto ai mantovani, non ha mai avuto quella città il più valentuomo nella pittura di Rinaldo, il quale fu discepolo di Giulio, di mano del quale è una tavola in Santa Agnese di quella città, nella quale è una Nostra Donna in aria, Sant’Agostino e San Girolamo, che sono bonissime figure, il quale troppo presto la morte lo levò del mondo. In un bellissimo antiquario e studio, che ha fatto il signore Cesare Gonzaga, pieno di statue e di teste antiche di marmo, ha fatto dipignere per onorarlo a Fermo Guiscioni la geneologia di casa Gonzaga, che si è portato benissimo in ogni cosa e specialmente nell’aria delle teste; vi ha messo, oltre di questo il detto signore, alcuni quadri che certo son rari: come quello della Madonna, dove è la gatta che già fece Raffaello da Urbino, et un altro, nel quale la Nostra Donna con grazia maravigliosa lava Gesù putto. In un altro studiuolo fatto per le medaglie, il quale ha ottimamente d’ebano e d’avorio lavorato un Francesco da Volterra, che in simili opere non ha pari, ha alcune figure di bronzo antiche, che non potrieno essere più belle di quel che sono. Insomma, da che io vidi altra volta Mantoa a questo anno 1566 che l’ho riveduta, ell’è tanto più adornata e più bella, che se io non l’avessi veduta nol crederei; e, che è più, vi sono multiplicati gl’artefici e vi vanno tuttavia multiplicando. Conciò sia che di Giovambattista mantoano, intagliator di stampe e scultore eccellente, del quale abbiam favellato nella vita di Giulio Romano et in quella di Marcantonio Bolognese, sono nati due figliuoli che intagliano stampe di rame divinamente; e, che è cosa più maravigliosa, una figliuola, chiamata Diana, intaglia anch’ella tanto bene, che è cosa maravigliosa, et io che ho veduto lei, che è molto gentile e graziosa fanciulla, e l’opere sue che sono bellissime, ne sono restato stupefatto. Non tacerò ancora che in San Benedetto di Mantoa, celebratissimo monasterio de’ monaci Neri, stato rinovato da Giulio Romano con bellissimo ordine, hanno fatto molte opere i sopra detti artefici mantoani et altri lombardi; oltre quello che si è detto nella vita del detto Giulio. Vi sono adunque opere di Fermo Guiscioni, cioè una Natività di Cristo, due tavole di Girolamo Mazzuola, tre di Latanzio Gambaro da Brescia et altre tre di Paulo Veronese, che sono le migliori. Nel medesimo luogo è di mano d’un frate Girolamo, converso di S. Domenico, nel reffetorio in testa, come altrove s’è ragionato, in un quadro a olio ritratto il bellissimo cenacolo che fece in Milano a Santa Maria delle Grazie Lionardo da Vinci, ritratto dico tanto bene, che io ne stupii; della qual cosa fo volentieri di nuovo memoria avendo veduto questo anno 1566 in Milano l’originale di Lionardo tanto male condotto, che non si scorge più se non una macchia abbagliata;