Pagina:Vasari - Le vite de’ piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 1-2, 1568.djvu/212

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116 PRIMA PARTE

(versione diplomatica)


(versione critica)


tutta la chiesa di S. Clemente, badia dell’ordine di Camaldoli, oggi rovinata e spianata tutta, insieme con molti altri edifizii, e con una rocca forte chiamata S. Chimenti: per avere il duca Cosimo de’ Medici non solo in quel luogo, ma intorno intorno a quella città disfatto con molti edifizii le mura vecchie, che da Guido Pietramalesco, già vescovo e padrone di quella città, furono rifatte, per rifarle con fianchi e baluardi intorno intorno molto più gagliarde e minori di quello che erano, e per conseguente più atte a guardarsi, e da poca gente. Erano ne’ detti quadri molte figure piccole e grandi, e come che fussero lavorate alla greca, si conosceva nondimeno ch’ell’erano state fatte con buon giudizio e con amore, come possono far fede l’opere che di mano del medesimo sono rimase in quella città, e massimamente una tavola che è ora in S. Francesco, con un ornamento moderno, nella capella della Concezzione: dove è una Madonna tenuta da que’ frati in gran venerazione. Fece nella medesima chiesa pure alla greca un Crucifisso grande, oggi posto in quella capella dove è la stanza degli Operai, il quale è in su l’asse, dintornata la croce, e di questa sorte ne fece molti in quella città. Lavorò nelle monache di S. Margherita un’opera che oggi è appoggiata al tramezzo della chiesa, cioè una tela confitta sopra una tavola, dove sono storie di figure piccole della vita di Nostra Donna e di S. Giovanni Batista, d’assai migliore maniera che le grandi, e con più diligenza e grazia condotte; della quale opera è da tener conto, non solo perchè le dette figure piccole sono tanto ben fatte che paiono di minio, ma ancora per essere una maraviglia vedere un lavoro in tela lina essersi trecento anni conservato. Fece per tutta la città pitture infinite, et a Sargiano, convento de’ frati de’ Zoccoli, in una tavola un S. Francesco ritratto di naturale, ponendovi il nome suo, come in opera, a giudizio suo, da lui più del solito ben lavorata. Avendo poi fatto in legno un Crucifisso grande dipinto alla greca, lo mandò in Firenze a messer Farinata degl’Uberti famosissimo cittadino, per avere, fra molte altre opere egregie, da soprastante rovina e pericolo la sua patria liberato. Questo Crucifisso è oggi in S. Croce tra la capella de’ Peruzzi e quella de’ Giugni. In S. Domenico d’Arezzo, chiesa e convento fabricato da’ Signori di Pietramala l’anno 1275, come dimostrano ancora l’insegne loro, lavorò molte cose prima ch’e’ tornasse a Roma, (dove già era stato molto grato a papa Urbano Quarto) per fare alcune cose a fresco di commessione sua nel portico di S. Piero, che di maniera greca, secondo que’ tempi, furono ragionevoli. Avendo poi fatto a Ganghereto luogo sopra Terranuova di Valdarno una tavola di S. Francesco, si diede, avendo lo spirito elevato, alla scultura, e ciò con tanto studio, che riuscì molto meglio che non aveva fatto nella pittura. Perchè, sebbene furono le sue prime sculture alla greca, come ne mostrano quattro figure di legno che sono nella Pieve in un Deposto di croce, et alcune altre figure tonde poste nella capella di S. Francesco sopra il battesimo, egli prese nondimeno miglior maniera, poi che ebbe in Firenze veduto l’opere d’Arnolfo e degl’altri allora più famosi scultori. Onde tornato in Arezzo l’anno 1275 dietro alla corte di papa Gregorio, che tornando d’Avignone a Roma passò per Firenze, se gli porse occasione di farsi maggiormente conoscere, perchè essendo quel Papa morto in Arezzo, dopo l’aver donato al comune trentamila scudi perchè finisse la