Pagina:Vasari - Le vite de’ piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-1, 1568.djvu/304

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moglie del Conte, andò dove erano que’ signori con uno de’ suoi figliuoli, il quale aveva in mano uno di quegli uccelli verdi, che a Verona si chiamano terranzi, perché fanno il nido in terra, e si avezzano al pugno come gli sparvieri. Avenne adunque, stando ella cogl’altri a contemplare il quadro, che quell’uccello, veduto il pugno et il braccio disteso del bambino dipinto, volò per saltarvi sopra, ma non si essendo potuto attaccare alla tavola dipinta, e per ciò caduto in terra, tornò due volte per posarsi in sul pugno del detto bambino dipinto, non altrimenti che se fusse stato un di que’ putti vivi, che se lo tenevano sempre in pugno. Di che stupefatti que’ signori, vollono pagar quel quadro a Benedetto gran prezzo, perché lo desse loro; ma non fu possibile per niuna guisa cavarglielo di mano. Non molto dopo, essendo i medesimi dietro a farglielo rubar un dì di San Biagio in San Nazzaro a una festa, perché ne fu fatto avertito il padrone, non riuscì loro il disegno. Dipinse Francesco in San Polo di Verona una tavola a guazzo, che è molto bella, et un’altra in San Bernardino, alla capella de’ Bandi, bellissima. In Mantoa lavorò per Verona in una tavola che è alla capella dove è sepolto San Biagio, nella chiesa di San Nazzaro de’ monaci neri, due bellissimi nudi, et una Madonna in aria col Figliuolo in braccio, et alcuni Angeli, che sono maravigliose figure. Fu Francesco di santa vita e nimico d’ogni vizio, intanto che non volle mai non che altro dipignere opere lascive, ancor che dal Marchese ne fusse molte volte pregato. E simili a lui furono in bontà i fratelli, come si dirà a suo luogo. Finalmente Francesco, essendo vecchio e patendo d’orina, con licenza del Marchese e per consiglio di medici andò con la moglie e con servitori a pigliar l’acqua de’ bagni di Caldero sul veronese; là dove, avendo un giorno presa l’acqua, si lasciò vincere dal sonno e dormì alquanto, avendolo in ciò per compassione compiaciuto la moglie; onde sopravenutagli mediante detto dormire, che è pestifero a chi piglia quell’acqua, una gran febre, finì il corso della vita a due dì di luglio 1519. Il che essendo significato al Marchese, ordinò subito, per un corriere, che il corpo di Francesco fusse portato a Mantoa; e così fu fatto, quasi contra la volontà de’ veronesi, dove fu onoratissimamente sotterrato in Mantoa, nella sepoltura della Compagnia segreta in San Francesco. Visse Francesco anni 64; et un suo ritratto, che ha Messer Fermo, fu fatto quando era d’anni cinquanta. Furono fatti in sua lode molti componimenti, e pianto da chiunque lo conobbe come virtuoso e santo uomo che fu. Ebbe per moglie madonna Francesca Gioachini veronese, ma non ebbe figliuoli. Il maggiore d’i tre fratelli che egli ebbe, fu chiamato Monsignore, e perché era persona di belle lettere, ebbe in Mantoa uffizii dal marchese di buone rendite per amor di Francesco. Costui visse ottanta anni, e lasciò figliuoli, che tengono in Mantoa viva la famiglia de’ Monsignori. L’altro fratello di Francesco ebbe nome al secolo Girolamo, e fra i Zoccolanti di San Francesco fra’ Cherubino, e fu bellissimo scrittore e miniatore. Il terzo, che fu frate di San Domenico, osservante e chiamato fra’ Girolamo, volle per umiltà esser converso, e fu non pur di santa e buona vita, ma anco ragionevole dipintore, come si vede nel convento di San Domenico in Mantoa, dove, oltre all’altre cose, fece nel refettorio un bellissimo Cenacolo e la passione del Signore, che per la morte sua rimase imperfetta. Dipinse il medesimo quel bellissimo Cenacolo