Pagina:Venezia – Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, Vol. III, Parte II, 1916 – BEIC 1906568.djvu/178

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presente loro sodisfazione. Una, che non !i è stato posto mai alcun dazio, gabella o altra gravezza d’alcuna sorte straordinaria da quelle che pagavano anco prima, l.a seconda causa è che, essendo stati i senesi sempre nemici de’ fiorentini, in modo che hanno piú volte combattuto insieme a bandiere spiegate, come è noto a Vostra Serenitá, godono tanto in vedere essi fiorentini sottoposti e soggetti ad un loro proprio cittadino, che l’averli avuti per compagni nella persa libertá serve a loro per con- solazione e contento, parendoli massime che siano anco piú restretti essi fiorentini che loro non sono. Ma la terza è piú importante, ed è che ora si vedono liberi da questi tragici successi, che quasi ogni giorno si vedevano in Siena, per le fazioni introdotte fra loro, che accelerórno anco la perdita della libertá; perché erano li cittadini divisi in parti, in maniera che, contendendosi tutte le cose insieme fino al sangue, si può dire che fussero decise piú tosto le opinioni con le armi che con il conseglio, e li magistrati si acquistassero piú tosto con le morti che con li voti. E questa lagrimosa ricordanza e la quiete e tranquillitá, con che ora vivono, li rende il giogo soave ; onde o poca o nulla curano la perduta libertá. 11 qual esempio fa con giusta ragione gloriosa-oppresso tutto il mondo tanto piú questa santa e ben instituita republica ; la qual, come è fondata sopra santissime leggi ed utilissime or- dinazioni, cosi, conservandosi con retta giustizia e con somma ed esemplar prudenza in tutte le cose, aggionge inoltre questo splendore alla sua comendazione ; di una salda unione tra cit- tadini echi governa, tendenti in tutte le cose al solo ben publico e della patria, con quella gloria che la conserverá anco, con la grazia del signor Iddio, quanto durerá il mondo. Ma, tornando allo Stato di Siena, non debbo lasciar di dire che, per la sua bellezza, per la ricchezza e fertilitá del paese, èchiamato il «giardino d’Italia», essendo tanto fertile ed abbon- dante, e nella montagna e nel piano e nella valle delle Chiane e nelli ampi lidi, che sono le maremme, che, per poco che sia il raccolto, si ha il vivere per quattro e cinque anni, con grande uti- litá de’ luoghi vicini ancora. È ben vero che particolarmente le