Pagina:Verne - Il giro del mondo in ottanta giorni, Milano, Treves, 1873.djvu/109

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il paesaggio variato del Behar, montagne coperte di verzura, campi d’orzo, di granoturco e di frumento, rivi e stagni popolati da alligatori verdastri, villaggi ben mantenuti, foreste ancora verdeggianti. Qualche elefante, dei zebù a grossa gobba, andavano a bagnarsi nelle acque del fiume sacro, ed anco, ad onta della stagione inoltrata e la temperatura già fredda, bande d’indù, de’ due sessi, che adempivano piamente le loro sante abluzioni. Quei fedeli, nemici accaniti del buddismo, sono settari ferventi della religione braminica, che s’incarna in questi tre personaggi: Visnù, la divinità solare, Sciva, la personificazione divina delle forze naturali, e Brahma, il padrone supremo dei sacerdoti e dei legislatori. Ma Brahma, Sciva e Visnù, di che occhio dovevano considerare quest’India, ora «britannizzata,» allorchè qualche steam boat (battello a vapore) passava nitrendo e turbava le acque consacrate del Gange, spaventava i gabbiani che volavano alla sua superficie, le testuggini che pullulavano sulle sue sponde e i devoti stesi lungo le sue rive.

Tutto quel panorama passò come un lampo, e spesso una nube di vapore bianco ne ascose le particolarità. Appena se i viaggiatori poterono travedere il forte di Sciunar, a venti miglia al sud-est di Benares, antica fortezza dei rajà del Behar, Ghazepur e le sue importanti fabbriche d’acqua di rose, la tomba di lord Cornwallis che si erge sulla sponda sinistra del Gange, la città fortificata di Buxar, Patna, grande città industriale e commerciale dove si tiene il principale mercato d’oppio dell’India, Monghir, città più che europea, inglese come Manchester o Birmingham, rinomata per le sue fonderie di ferro, le sue fabbriche di oggetti in ferro e di armi bianche, e i cui fumaiuoli