Pagina:Verne - Il giro del mondo in ottanta giorni, Milano, Treves, 1873.djvu/123

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Tutte le speranze, tutt’i desideri dell’ispettore di polizia erano ormai concentrati sopra un unico punto del mondo: Hong-Kong, poichè il piroscafo si fermava troppo poco a Singapore perchè egli potesse operare in questa città. Era dunque ad Hong-Kong ch’egli doveva arrestare il ladro; o il ladro gli sfuggiva, per così dire, senza rimedio.

Infatti, Hong-Kong era ancora terra inglese, ma l’ultima che s’incontrasse sulla strada. Al di là, la Cina, il Giappone, l’America offrivano un rifugio quasi sicuro al signor Fogg. A Hong-Kong, se vi trovava finalmente il mandato d’arresto, che evidentemente gli correva dietro, Fix arrestava Fogg e lo metteva nelle mani della polizia locale. Nessuna difficoltà. Ma dopo Hong-Kong, un semplice mandato d’arresto non basterebbe più. Occorrerebbe un atto d’estradizione. Da qui, ritardi, lentezze, ostacoli di ogni specie, di cui il briccone approfitterebbe per sfuggire definitivamente. Se l’operazione falliva a Hong-Kong, sarebbe, se non impossibile, almeno difficilissimo, di ripigliarla con qualche probabilità di buon successo.

«Dunque, ruminava il signor Fix, durante quelle lunghe ore che passava nella sua cabina, o il mandato sarà a Hong Kong, ed arresto il mio omo, o non ci sarà, e questa volta bisogna ad ogni costo ch’io ritardi la sua partenza! Ho fallito a Bombay, ho fallito a Calcutta! Se sbaglio il colpo a Hong-Kong la mia riputazione è spacciata! A qualunque costo bisogna riuscire. Ma qual mezzo usare per ritardare, se è necessario, la partenza di questo maledetto Fogg?»

Per ultimo espediente, Fix era deciso a confidare tutto a Gambalesta, e fargli conoscere quel padrone che serviva e di cui non era certamente complice. Gambalesta, illuminato da questa rivelazione, e nella tema di essere compromesso, farebbe cau