Pagina:Verne - Il giro del mondo in ottanta giorni, Milano, Treves, 1873.djvu/167

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cielo e mormorò tra i denti delle cose poco intelligibili. A un dato momento, trovandosi vicino al suo passeggiero:

«Si può dir tutto a Vostro Onore? diss’egli a bassa voce.

— Tutto, rispose Phileas Fogg.

— Ebbene, fra poco avremo un colpo di vento.

— Verrà da nord o da sud?

— Da sud. Vedete. E un tifone che si prepara!

— Venga pare il tifone del sud, giacchè ci spingerà dalla parte buona, rispose il signor Fogg.

— Se la pigliate così, replicò il pilota un po’ sorpreso, non ho più nulla a dire!

I presentimenti di John Bunsby non lo ingannavano. In un tempo meno avanzato dell’anno, il tifone, giusta l’espressione di un celebre meteorologo, si sarebbe dileguato come una cascata luminosa di fiamme elettriche. Ma, in equinozio d’inverno, era a temersi che si scatenasse con violenza.

Il piloto prese le sue precauzioni in anticipazione. Egli fece serrare tutte le vele della goletta ed ammainare i pennoni sul ponte. Gli alberi di freccia furono dispassati, si rientrò l’asta di fiocco e quartieri delle boccaporte furono condannati con cura. Non una goccia poteva penetrare nello scafo dell’imbarcazione. Una sola vela triangolare, una trinchettina di fortuna di tela fortissima, fu alzata a guisa di trinchetto, in modo da mantenere alla goletta il vento in poppa. E si aspettò.

John Bunsby aveva invitato i suoi passaggieri a scendere. Ma, in uno spazio stretto, quasi privo d’aria, e con le scosse del mare agitato, quell’incarceramento non presentava nulla di piacevole. Nè il signor