Pagina:Verne - Il giro del mondo in ottanta giorni, Milano, Treves, 1873.djvu/56

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— Allora è un volpone, rispose il console, un volpone che mira a far ritorno a Londra dopo d’aver fuorviato tutte le polizie dei due Continenti!

— Oh! la vedremo! rispose Fix.

— Ma non v’ingannate poi? chiese di bel nuovo il console.

— Io non m’inganno.

— Allora, perchè mai codesto ladro si è dato tanta premura a far constatare con un visto il suo passaggio a Suez?

— Perchè... non ne so nulla, signor console, rispose il detective, ma ascoltatemi.»

In poche parole, egli riferì i punti salienti della sua conversazione col domestico del detto Fogg.

«Difatti, disse il console, tutte le presunzioni stanno contro quest’uomo. E che pensate fare?

— Mandare un dispaccio a Londra con richiesta urgente di dirigermi un mandato d’arresto a Bombay, imbarcarmi sul Mongolia, pormi alle calcagna del mio ladro sino alle Indie, e là, terra inglese, avvicinarlo garbatamente, col mio mandato in mano e la mano sulla spalla.»

Non appena ebbe pronunciate freddamente queste parole, l’agente Fix prese commiato dal console e si recò all’ufficio telegrafico. Di là spedì al direttore della polizia metropolitana il dispaccio che i lettori conoscono.

Di lì a un quarto d’ora, Fix, col suo leggero bagaglio per mano, ben munito di danaro, s’intende, s’imbarcava a bordo del Mongolia, e il rapido steamer filava a tutto vapore sulle acque del Mar Rosso.