Pagina:Verne - Il giro del mondo in ottanta giorni, Milano, Treves, 1873.djvu/82

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odo, propose allora all’Indiano di comperargli la sua bestia e gliene offerse a tutta prima mille sterline (25,000 franchi).

L’Indiano non voleva vendere! Forse l’uomo fiutava un magnifico affare.

Sir Francis Cromarty trasse il signor Fogg in disparte e l’esortò a riflettere prima di andar più in là. Phileas Fogg rispose al suo compagno ch’egli non aveva l’abitudine di agire senza riflessione, che si trattava in fin dei conti di una scommessa di ventimila sterline, che quell’elefante gli era necessario, e che, dovess’anco pagarlo venti volte il suo valore, egli avrebbe quell’elefante.

Il signor Fogg ritornò dall’Indiano, i cui occhietti, accesi dalla cupidigia, lasciavano ben intendere che per lui non era che una questione di prezzo. Phileas Fogg offrì successivamente milleduecento sterline, poi millecinquecento, poi milleottocento, infine duemila (50,000 franchi). Gambalesta, così rosso per solito, era pallido di emozione.

A duemila sterline, l’Indiano si arrese.

— Per le mie pantofole, esclamò Gambalesta, questo si chiama far incarire la carne d’elefante!

Conchiuso l’affare, non si trattava d’altro che di trovare una guida. Fu più facile. Un giovane Parsì, dalla faccia intelligente, offerse i suoi servigi. Il signor Fogg accettò e gli promise una vistosa rimunerazione, che non poteva a meno di duplicare la sua intelligenza.

L’elefante venne tratto fuori ed allestito senza indugio. Il Parsì conosceva perfettamente il mestiere di mahut, ossia conduttore d’elefanti. Egli coprì con una specie di gualdrappa il dorso dell’animale e dispose, da ciascun lato, sui suoi fianchi, due specie di barelle ben po