Pagina:Verne - Il giro del mondo in ottanta giorni, Milano, Treves, 1873.djvu/96

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perto di morti. Uomini, donne, fanciulli, tutti alla rinfusa. Alcuni ubbriachi gemevano ancora qua e là.

In fondo, tra la massa degli alberi, il tempio di Pillaji si rizzava confusamente. Ma con grande rammarico della guida, le guardie del rajà, rischiarate da torcie fuliginose, vegliavano alle porte e passeggiavano con la sciabola alla mano. Si poteva supporre che nell’interno anco i preti vegliassero.

Il Parsì non si avanzò più oltre. Egli aveva riconosciuto l’impossibilità di forzare l’ingresso del tempio, e ricondusse indietro i suoi compagni.

Phileas Fogg e sir Francis Cromarty avevano compreso al par di lui che non potevano tentar nulla da quella parte.

Si fermarono e s’intrattennero a bassa voce:

— Aspettiamo, disse il brigadiere generale, non sono che le otto, ed è possibile che queste guardie soccombano anch’esse al sonno.

— È possibile difatti, rispose il Parsì.

Phileas Fogg e i suoi compagni si stesero dunque a piedi di un albero ed aspettarono.

Come parve loro lungo il tempo! La guida li lasciava a volte ed andava ad osservare il limitare del bosco. Le guardie del rajà vegliavano sempre alla luce delle torcie, ed un vago chiarore filtrava attraverso le finestre della pagoda.

Si aspettò così sino a mezzanotte. La situazione non cangiò. Uguale sorveglianza al di fuori. Era evidente che non si poteva contare sull’assopimento delle guardie. Esse eransi risparmiata la ubbriachezza del hang. Bisognava dunque agire diversamente e penetrare per un’apertura praticata nei muri della pagoda. Rimaneva a sapersi se i preti vegliavano presso la