Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/325

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del Palazzo di Granito era un grosso diavolaccio alto sei piedi, dal corpo meravigliosamente proporzionato, dal petto largo, dalla testa di mezzana grossezza, dall’angolo facciale che giungeva ai 65 gradi, dal cranio tondo, dal naso sporgente, dalla pelle coperta d’un pelo liscio, morbido, e lucente: infine un tipo perfetto degli antropomorfi. Gli occhi suoi, alquanto più piccini di quelli dell’uomo, brillavano d’una intelligente vivacità; i suoi denti bianchi splendevano sotto i mustacchi; portava una barbetta arricciata di color nocciola.

— Un bel pezzo di giovinotto! disse Pencroff; se ne conoscessimo la lingua gli potremmo parlare.

— Dunque, disse Nab, è proprio sul serio che lo piglieremo per domestico?

— Sì, Nab, rispose sorridendo l’ingegnere, ma non esserne geloso.

— E spero che sarà un eccellente servitore, aggiunse Harbert. Sembra giovane, la sua educazione sarà facile e non saremo obbligati, per sottometterlo, di adoperare la forza, nè di strappargli i canini come si suol fare. Esso deve affezionarsi ai suoi padroni, i quali saranno buoni verso di lui.

— Sicuro che saranno buoni! rispose Pencroff, il quale aveva dimenticato ogni rancore.

Ed accostandosi alla scimmia, soggiunse:

— Ebbene, giovinotto mio, come la va?

La scimmia rispose con un lieve grugnito che non dinotava molto malumore.

— Così dunque vogliamo far parte della colonia? domandò il marinajo; vogliamo entrare al servizio del signor Cyrus Smith?

Nuovo grugnito della scimmia.

— E ci accontenteremo del cibo per salario?

Terzo grugnito affermativo.

La sua conversazione è un po’ monotona, fece osservare Gedeone Spilett.