Pagina:Versi di Giuseppe Giusti.djvu/196

Da Wikisource.
172 i brindisi.

cozzandoli insieme, un brindisi alla predica e al predicatore; e l’urto fu così scomposto, che il più ne bevve la tovaglia. Toccava all’altro, il quale con certi atti dinoccolati, e senza cercare aiuto nel vino, disse: Signori, io in questi giorni non ho potuto mettere insieme nulla di buono per voi; ma ho promesso e non mi ritiro. Solamente vi prego di lasciarmi dire un certo brindisi che composi tempo fa per la tavola d’uno, che quando invita non dice: venite a pranzo da me, ma si tiene a quel modo più vernacolo, o se volete più contadinesco: domani mangeremo un boccone insieme. Udirono la mala parata, e il poeta incominciò:


BRINDISI PER UN DESINARE ALLA BUONA.


A noi qui non annuvola il cervello
     La bottiglia di Francia e la cucina;
     Lo stomaco ci appaga ogni cantina,
                                        Ogni fornello.

I vini, i cibi, i vasi apparecchiati
     E i fior soavi onde la mensa è lieta,
     Sotto l’influsso di gentil pianeta
                                        Con noi son nati.

Queste due strofe non fecero nè caldo nè freddo.

Chi del natio terreno i doni sprezza,
     E il mento in forestieri unti s’imbroda,
     La cara patria a non curar per moda
                                        Talor s’avvezza.

Filtra col sugo di straniere salse
     In noi di voci pellegrina lue;
     Brama ci fa d’oltramontano bue
                                        L’anime false.

Qui il padrone e gl’invitati cominciarono a sentirsi una pulce negli orecchi.