Pagina:Vico, Giambattista – La scienza nuova seconda, Vol. I, 1928 – BEIC 1964037.djvu/156

Da Wikisource.
150 libro secondo - sezione prima - capo primo


381Cosí, per ciò che si è detto nelle Degnitá d’intorno a’ principi de’ caratteri poetici, Giove nacque in poesia naturalmente carattere divino, ovvero un universale fantastico, a cui riducevano tutte le cose degli auspici tutte le antiche nazioni gentili, che tutte perciò dovetter essere per natura poetiche; che incominciarono la sapienza poetica da questa poetica metafisica di contemplare Dio per l’attributo della sua provvedenza; e se ne dissero «poeti teologi», ovvero sappienti che s’intendevano del parlar degli dèi conceputo con gli auspici di Giove, e ne furono detti propiamente «divini», in senso d’«indovinatori», da «divinari», che propiamente è «indovinare» o «predire». La quale scienza fu detta «musa», diffinitaci sopra da Omero essere la scienza del bene e del male, cioè la divinazione, sul cui divieto ordinò Iddio ad Adamo la sua vera religione, come nelle Degnitá si è pur detto. Dalla qual mistica teologia i poeti da’ greci furon chiamati «mystae», che Orazio con iscienza trasporta «interpetri degli dèi», che spiegavano i divini misteri degli auspici e degli oracoli. Nella quale scienza ogni nazione gentile ebbe una sua sibilla, delle quali ce ne sono mentovate pur dodici; e le sibille e gli oracoli sono le cose piú antiche della gentilitá.

382Cosi con le cose tutte qui ragionate accorda quel [luogo d’oro] d’Eusebio riferito nelle Degnitá, ove ragiona de’ principi dell’idolatria: che la prima gente, semplice e rozza, si finse gli dèi «ob terrorem praesentis potentiae». Cosí il timore fu quello che finse gli dèi nel mondo; ma, come si avvisò nelle Degnitá, non fatto da altri ad altri uomini, ma da essi a se stessi. Con tal principio dell’idolatria si è dimostrato altresí il principio della divinazione, che nacquero al mondo ad un parto; a’ quali due principi va di séguito quello de’ sagrifizi, ch’essi facevano per «proccurare» o sia ben intender gli auspici.

383Tal generazione della poesia ci è finalmente confermata da questa sua eterna propietá: che la di lei propia materia è l’impossibile credibile, quanto egli è impossibile ch’i corpi sieno menti (e fu creduto che ’l cielo tonante si fusse Giove);