Pagina:Vico, Giambattista – La scienza nuova seconda, Vol. I, 1928 – BEIC 1964037.djvu/330

Da Wikisource.
324 libro secondo - sezione quinta - capo ottavo


qualunque scortissimo leggitore, che la combini sopra questi raoporti: che romana virtú dove fu tanta superbia? che moderazione dove tanta avarizia? che mansuetudine dove tanta fierezza? che giustizia dove tanta inegualitá?

669Laonde i principi, i quali possono soddisfare una sí gran maraviglia, debbono necessariamente esser questi:

I

670Sia, in séguito di quella ferina che sopra si ragionò de’ giganti, l’educazion de’ fanciulli severa, aspra, crudele, quale fu quella degl’illiterati lacedemoni, che furono gli eroi della Grecia. I quali nel tempio di Diana battevano i loro figliuoli fin all’anima, talché cadevano sovente morti, convulsi dal dolore, sotto le bacchette de’ padri, acciocché s’avvezzassero a non temere dolori e morte; e ne restarono tal’imperi paterni ciclopici cosí a’ greci come a’ romani, co’ quali permettevano uccidersi gl’innocenti bambini di fresco nati. Perché le delizie, ch’or facciamo de’ nostri figliuoli fanciulli, fanno oggi tutta la dilicatezza delle nostre nature.

II

671Si comperino con le doti eroiche le mogli, le quali restarono poscia per solennitá a’ sacerdoti romani, i quali contraevano le nozze coëmptione et farre (che fu anche, al narrar di Tacito, costume degli antichi Germani, i quali ci danno luogo di stimare lo stesso di tutti i primi popoli barbari); e le mogli si tengano, come per una necessitá di natura, in uso di far figliuoli: del rimanente, si trattino come schiave, conforme in molte parti del nostro e quasi universalmente nel mondo nuovo è costume di nazioni. Quando le doti sono compere che fan le donne della libertá da’ mariti e pubbliche confessioni ch’i mariti non bastano a sostenere i pesi del matrimonio, onde son forse i tanti privilegi co’ quali gl’imperadori han favorito le doti.