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sieno versi d’Orfeo), il Carme aureo di Pittagora, come tutti gli piú scorti critici vi convengono; e riprende d’importunitá tutti i sensi mistici dati da’ dotti a’ geroglifici egizi e l’allegorie filosofiche date alle greche favole.

V

129La filosofia, per giovar al gener umano, dee sollevar e reggere l’uomo caduto e debole, non convellergli la natura né abbandonarlo nella sua corrozione.

130Questa degnitá allontana dalla scuola di questa Scienza gli stoici, i quali vogliono l’ammortimento de’ sensi, e gli epicurei, che ne fanno regola, ed entrambi niegano la provvedenza, quelli faccendosi strascinare dal fato, questi abbandonandosi al caso, e i secondi oppinando che muoiano l’anime umane coi corpi, i quali entrambi si dovrebbero dire «filosofi monastici o solitari». Evi ammette i filosofi politici, e principalmente i platonici, i quali convengono con tutti i legislatori in questi tre principali punti: che si dia provvedenza divina, che si debbano moderare l’umane passioni e farne umane virtú, e che l’anime umane sien immortali. E, ’n conseguenza, questa degnitá ne dará gli tre principi di questa Scienza.

VI

131La filosofia considera l’uomo quale dev’essere, e sí non può fruttare ch’a pochissimi, che vogliono vivere nella repubblica di Platone, non rovesciarsi nella feccia di Romolo.

VII

132La legislazione considera l’uomo qual è, per farne buoni usi nell’umana societá; come della ferocia, dell’avarizia, dell’ambizione, che sono gli tre vizi che portano a travverso tutto il gener umano, ne fa la milizia, la mercatanzia e la corte, e sí la fortezza, l’opulenza e la sapienza delle repubbliche; e