Pagina:Vico - Autobiografia, carteggio e poesie varie, 1929 - BEIC 1962407.djvu/24

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essere regolate e promosse ciascuna da un'arte propia, come la memoria con lo studio delle lingue, la fantasia con la lezione de' poeti, storici ed oratori, l'ingegno con la geometria lineare, che in un certo modo è una pittura la quale invigorisce la memoria col gran numero de' suoi elementi, ingentilisce la fantasia con le sue delicate figure come con tanti disegni descritti con sottilissime linee, e fa spedito l'ingegno in dover correrle tutte, e tra tutte raccoglier quelle che bisognano per dimostrare la grandezza che si domanda; e tutto ciò per fruttare, a tempo di maturo giudizio, una sapienza ben parlante, viva ed acuta. Ma, con tai logiche, i giovinetti, trasportati innanzi tempo alla critica, che è tanto dire portati a ben giudicare innanzi di ben apprendere, contro il corso natural dell'idee, che prima apprendono, poi giudicano, finalmente ragionano, ne diviene la gioventù arida e secca nello spiegarsi e, senza far mai nulla, vuol giudicar d'ogni cosa. Al contrario, se eglino nell'età dell'ingegno, che è la giovanezza, s'impiegassero nella topica, che è l'arte di ritrovare, che è sol privilegio dell'ingegnosi (come il Vico, fatto accorto da Cicerone, vi s'impiegò nella sua), essi apparecchierebbero la materia per poi ben giudicare, poiché non si giudica bene se non si è conosciuto il tutto della cosa, e la topica è l'arte in ciascheduna cosa di ritrovare tutto quanto in quella è; e sì anderebbono dalla natura stessa i giovani a formarsi e filosofi e ben parlanti. L'altra pratica è che si dànno a' giovanetti gli elementi della scienza delle grandezze col metodo algebraico, il quale assidera tutto il più rigoglioso delle indoli giovanili, lor accieca la fantasia, spossa la memoria, infingardisce l'ingegno, rallenta l'intendimento, le quali quattro cose sono necessarissime per la coltura della miglior umanità: la prima per la pittura, scoltura, architettura, musica, poesia ed eloquenza; la seconda per l'erudizione delle lingue e dell'istorie; la terza per le invenzioni; la quarta per la prudenza. E cotesta algebra sembra un ritrovato arabico di ridurre i segni naturali delle grandezze a certe cifre a placito, conforme gli arabi i segni de' numeri, che appo i greci e latini furono le loro lettere, le quali appo entrambi, almen le grandi, sono linee geometriche regolari, essi ridussero in dieci minutissime cifre. E sì con l'algebra si affligge l'ingegno, perché non vede se non quel solo che li sta innanzi i piedi; sbalordisce la memoria, perché, ritruovato il secondo segno, non bada più al primo; abbacina la fantasia, perché non immagina affatto nulla; distrugge l'intendimento, perché professa d'indovinare: