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296 LIBRO SECONDO — SEZIONE SECONDA — CAPITOLO QDAKTO

verbo «uro ’>, «bruciare»; a’ quali, dallo stesso fischio del fulmine, dovette venire «cel», uno de’ monosillabi d’Ausonio i, ma con pronunziarlo con la «g» degli Spagnuoli, perchè costi l’argutezza del medesimo Ausonio, ove di Venere cosi bisquitta:

Nata salo, suscepta solo, patre edita cce’o 2.

Dentro le quali origini è da avvertirsi che, con la stessa sublimità dell’invenzione della favola di Giove, qual abbiamo sopra osservato, incomincia egualmente sublime la locuzion poetica con l’onomatopea; la quale certamente Dionigi Longino 3 pone tra’ fonti del sublime, e l’awertisce, appo Omero, nel suono che diede l’occhio di Polifemo. quando vi si ficcò la trave infuocata da Ulisse, che fece «oT» *• Seguitarono a formarsi le voci umane con l’interiezioni, che sono voci articolate all’empito di passioni violenti, che ’n tutte le lingue son monosillabe. Onde non è fuori del verisimile che, da’ primi fulmini incominciata a destarsi negli uomini la maraviglia, nascesse la prima interiezione da quella di Giove, formata con la voce «pa!», e che poi restò raddoppiata «pape!», interiezione di maraviglia, onde poi nacque a Giove il titolo di «padre degli uomini e degli dèi» e, quindi appresso, che tutti gli dèi se ne dicessero padri, e madri tutte le dèe; di che restaron a’ Latini le voci «lupiter», «Diespiter», «Marspiter», «Inno genitrix». La quale certamente le favole narranci essere stata sterile; e osservammo, sopra. tanti altri dèi e dèe nel cielo non contrarre tra essolor matrimonio (perchè Venere fu detta «concubina», non già «moglie» di Marte), e nulla di meno tutti appellavansi «padri» (a) fdi che vi hanno al (a) [CMA^] come Giove il professa nel consiglio celeste appresso Lucilio [seguono i versi riprodotti a p. 167 n. 2], perocché tutti gli dèi si dissero padri, ecc.

1 Technopcegnion [Edyll. XII]. 14 (Grammaticomastix), v. 17, ediz. Peiper, p. 168: < ZTnde Rudinus ait 1 divum domus altisonuni e mi?».

2 Epigr.,.")2 [33], ed. cit., p..831: «Oria salo», ecc.

- Nella aez. Vili, Longino pone cinque fonti del sublime: 1) «felix sentenfiarum copia *, 2} «vehetnens affectua ’>, 3) ■j figurarum concinna varietas s 4 «elocutio • 5) < magnifica compositio /■: senza nominare l’onomatopea, e tanto meno addui-iv l’esempio omerico cit. dal V.

  • Od., I, 394