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686 LIBRO SECONDO — SEZIONE UNDECIMA — CAPITOLO PRIMO

Mauritania {a) avesse Eusculapio coii la sua arte preservato la sua isola di Coo; che, se la doveva preservare da quella de’ popoli di Marocco, egli Farebbe dovuto preservare da tutte le pestilenze del mondo. In cotal Mauritania dovett’Ercole soccombere al peso del cielo, che ’1 vecchio Atlante era già stanco di sostenere: che dovette dapprima dirsi cosi i il monte Ato, che, per un collo di terra, che Serse dappoi forò 2, divide la Macedonia dalla Tracia, e vi restò pur quivi, traila Grecia e la Tracia, un fiume appellato Atlante ^; poscia, nello stretto di Gibilterra, osservati i monti AbUa e Calpe cosi per uno stretto di mare dividere l’Affrica dall’Europa, furono detti da Ercole ivi piantate colonne, che, come abbiamo sopra detto, sostenevano il cielo, e ’1 monte nell’Affrica quivi vicino fu detto «Atlante» *. E ’n cotal

(a) (dove fin a’ di nostri dura l’indole di tal cielo maligna, che quasi ogni anno vi sia la peste) avesse^ ecc.

^ Cioè, «Atlante».

2 Herod., vii, 21 sgg. Mache l’Athos si chiamasse originariamente «Atlante» è, naturalmente, congettura vichiana.

3 Heeod., IV, 49.

  • Si vedano p. 323, n. 5 e p. 659. A maggior chiarimento, valga ancora questo

passo della SN^, II, 60: «I Greci, quando poi videro lo stretto di Gibilterra fra due alti monti, Abila e Calpe, perchè osservarono così l’Europa divisa dall’Africa da picciolo stretto di mare, com’era nel mondo di Grecia l’Attica dal Peloponneso se non per un collo di terra somigliante, sopra questa somiglianza de’ siti

spiegarono naturalmente le loro idee, e con le idee stesero le loro prime voci...., e dissero «Esperia» la Spagna... e «Mauritania» tal parte d’Africa...; e ’1 monte Abila e Calpe dovettero appellare «Atlante», diviso in due colonne, che poi si dissero «di Ercole», che succede ad Atlante nel peso di sostenere il cielo», ossia di «sostenere la religione con un’altra spezie di divinazione». Infatti, continua il V., «gli efori di Sparta, capitale del Peloponneso, indovinavano dal tragitto delle stelle cadenti la notte». Ora questa astronomia volgare non potè certamente provenir loro dagli Eraclidi, e quindi da Ercole, che non «fu mai spiegato da’ mitologi che avesse perpetuata alcuna sapienza riposta de’ suoi più antichi». Deve dunque trattarsi di una importazione straniera. Donde la legittima congettura che «nel Peloponneso venne alcuna colonia d’Oriente (come da Pelope Frigio ebbe certamente il nome di Peloponneso), che vi portò questa sorte d’indovinare propia degli orientali: perchè tutti gli altri Greci indovinavano dalla folgore e dal tuono; con la sola differenza da’ Latini, che le parti destre a quelli erano a questi sinistre, e le sinistre al contrario». Il latto dunque che gli Eraclidi fecero propria la divinazione insegnata loro dai Frigi, venne poi rappresentato mitologicamente con Ercole che succede ad Atlante nel peso di sostenere il cielo, ossia gli dèi della propria nazione, mercè la divinazione.