Pagina:Vita di Dante, Petrarca e Boccaccio.djvu/161

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ubertosissimi produsse. Questo perchè più all’aperta si vegga, giovandoci della opportunità a dirlo, in breve rintraccerem la causa del progresso de’ greci studi.

Pria del Petrarca, come la lingua del Lazio venne a rimettere a poco a poco dalle prime sue forze, non faceasi dai nostri sin da più secoli, quasi niuna menzione di greche lettere in Etruria: e gli uomini di allora paghi delle loro discipline non ambivano a cose altrui. Petrarca dunque il primo fra’ nostri, applicato l’animo ad attingere peregrine lettere, erudivasi sotto Barlaamo monaco in quel tempo, come dicemmo, il più dotto di tutti i greci. E se morte impronta del preoettor non avesse lui stòrnàto nuovo apprendente, non forse, com'ei di sè parlando, modestamente dice, ma fuor di dubbio, per la singolare eccellenza dell’ingegno, e della memoria sommamente n’avrebbe vantaggiato. Imitato avendo costui, come io la penso, il Boccaccio, ed istruito per un triennio da un certo Leonzio Tessalo (III) in allora peritissimo di greche lettere, giunse a comprendere molte cose: ed assai dì più capito ne avrebbe, com’egli lo afferma, se più a dilungo il precettore incostante, giusta l’amico tenor de'suoi precessori, fossesi nello stesso proposito di dire mantenuto; tuttavolta tanto ne cavò di profitto in questo tempo di studio, che fra le altre cose dell’Iliade, e della Odissea, eccellenti poemi di Omero, in piena conoscenza ei venne. Dal suo maestro, che gli sponeva di