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dice a Dante:
Se tu segui tua stella,
non puoi fallire a glorioso porto,
se ben m’accorsi nella vita bella:
E s’io non fossi sì per tempo morto,
veggendo l’Cielo a te così benigno,
dato t’avrei all’opera conforto.
Dante stesso, non iscevro di tali credenze, attribuisce a quegli atri benigni il proprio ingegno; e giunto in Paradiso a quella costellazione de’ Gemini, esclama:
O glorïose stelle, o lume pregno,
di gran virtù, dal quale io riconosco
tutto, qual che si sia, il mio ingegno!.
Con voi nasceva, e s’ascondeva vosco,
quegli ch’è padre d’ogni mortal vita,
quand’io sentì da’ prima l’aer Tosco.
Del resto, non è se non giustizia aggiugner quì, che Dante con tutti i buoni di quei tempi trovava modo d’accordare questa influenza delle stelle col libero arbitrio dell’animo umano; come si puòvedere nel Purgatorio, al canto XVI v.