Pagina:Vita di Dante.djvu/529

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raccontò già un ser Dino Perini, nostro cittadino ed intendente huomo, e, secondo che esso diceva, stato quanto esser più si potesse familiare ed amico di Dante: ma in tanto muta il fatto, che esso diceva, non Andrea Leoni, ma esso medesimo essere stato lui il quale la donna avea mandato a’ forzieri per le scritture, e che avea trovati questi setti canti, e portatili a Dino di messer Lambertuccio. Non so a quale io mi debba più fede prestare; ma qual che di questi due si dica il vero o no, mi occorre nelle parole loro un dubbio, il quale io non posso in maniera alcuna solvere che mi soddisfaccia; ed il dubbio è questo. Introduce, nel sesto Canto, l’autore Ciacco e fagli predire: come, avanti che il terzo anno dal dì ch’egli dice finisca, conviene che caggia dello stato suo la setta della quale era Dante; il che così avvenne. Perciocchè, come detto è, il perdere lo stato la setta Bianca, ed il partirsi di Firenze, fu tutto uno; e però, se l’autore si partì all’ ora premostrata, come poteva egli avere scritto questo? e non solamente questo, ma un Canto più?".