Pagina:Vittorelli - Poesie, 1911 - BEIC 1970152.djvu/269

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Indi volle saper ciò che nasconde
ne l’otnbre piú recondite la storia.

Scórse le assire e le persiane sponde,
vide la greca e la romana gloria.

E i climi e le distanze e i regni e Tonde
essa scolpi ne la fedel memoria;
anzi godea su le maestre carte
segnar col dito ogni distinta parte.

9

Chi non plaudea ne le dorate logge
tutte adorne di faci e di cristalli,
allor che Augusta in peregrine fogge
tessea leggiadri ed amorosi balli?

Le Grazie intanto riversavan piogge
di rose còlte ne le idalie valli,
indi tergeano uffiziose e pronte
a la donna regai Tumida fronte.

10

Oh, come poi su la notturna scena
rapiva Talme in un soave incanto,
mentre fingea d’Andromaca la pena
vedova sconsolata in riva al Xanto!
Quindi tutta festevole e serena
cangiava in riso la tristezza e il pianto;
e ai comici lepori e al sale onesto
adattava il sembiante, il passo, il gesto.

11

O mille volte e mille avventuroso
quello si chiaro in opre ed in costumi,
onor de’ Lotaringhi inclito sposo,
con cui vollero unirla i santi numi.

Ah, perché chiude in tacito riposo,
quasi tre lustri or son, gli augusti lumi?
e perché vuole amor che sia delitto
oggi sui labbri miei quel nome invitto?