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di saltarle alla faccia, ella lo gettò per terra spingendolo lontano da sè.

Ora la bestia sotto l’influenza dell’ipnotico era in preda ad allucinazioni: fissava un punto della sala cogli occhi fosforescenti e il pelo irto; indi di scatto si lanciava addosso a una imaginaria preda. Rincorreva, balzando in qua e in là, una turba di topi invisibili; poi d’improvviso sostava immobile, impietrito!... D’un tratto, come se qualcuno lo afferrasse per la coda, si volgeva frenetico d’ira, scoprendo i denti in un ghigno selvaggio; roteava su sè stesso come una trottola.... poi irrigidito, teso, silenzioso, fissando un angolo colle saettanti pupille verdi, si avanzava lento, subdolo, strisciando sulla pancia, come una pantera che insegua nella jungla un nemico.

Lady Randolph sdraiata all’indietro tra i cuscini, con un braccio nudo poggiato sulla spalla dell’uomo rosso, seguiva ogni mossa della bestia impazzita con grandi scrosci di risa.

D’un tratto il terrore — come un’altra belva demente — balzò addosso a Myosotis e le conficcò le roventi zanne nel cuore. Era un terrore pazzo, cieco, frenetico, quale ella non aveva