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posto nel XVII secolo è fuor di dubbio il “Saggio di una lingua filosofica„ del vescovo inglese Wilkins, saggio edito a Londra nel 1688.

In seguito altri molti entrarono in campo e basti qui ricordare i lavori dell’ungarese Kalmar, del parigino Sicard, la Lingua Musicale del francese Sudre, l'Ideografia dello spagnuolo Don Sinibaldo de Mas, oltre ai lavori del Moses Paic, del Bachmaier, del Berger, di Giov. Severino Vater, di Marmieux, di Michele Ignazio Schmidt e di altri molti. E venendo a tempi più recenti vediamo come il dottor L. cercava di togliere le difficoltà inerenti alla lingua tedesca acciò servisse come lingua internazionale, mentre la stessa cosa era tentata per la lingua latina nel 1883 dal dottor Fuchs di Berlino.

In questi ultimi anni comparve poi l'Ideografia del russo Baranowski, la Pasilingua del prof. Steiner, la Nal bino di Sebastiano Verheggen, la Lingua generale dei Maldant, Rosenthal, Menet e la Blaia Zimondal del nostro Meriggi. Ma questi lavori - quali più, quali meno - mancano tutti dal lato pratico e taluni anche non sono che storpiature di lingue antiche o moderne.

Era serbato all’illustre quanto modesto filologo Gio. Martino Schleyer, nato ad Oberlauda nel granducato di Baden, nel 1831, di risolvere il grande problema, intorno a cui, senza frutto, si erano lunga pezza affaticati i suoi predecessori.

E della necessità, che venne grado grado imponendosi, di una lingua universale, possono citarsi a prova i seguenti fatti.

I diplomatici d’ogni paese usano tra loro la lingua francese.

In Beirut, in Costantinopoli, è parimente l’idioma francese che, nelle riunioni di Tedeschi, Italiani, Greci ecc. s’impone come lingua di convenzione. È invece la lingua italiana che impera in tali casi ad Alessandria d’Egitto, mentre la lingua inglese avrebbe il sopravvento a Shangai.

Sulle coste del Mediterraneo, da Livorno, a Smirne, a Tunisi, presso i marinai di Malta ed i bazars di Constantinopoli s’è venuta spontaneamente creando una lingua ch’è il connubio di sei lingue