Pagina:Yambo, Ciuffettino.djvu/233

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— Sì, sono un forestiero, ma il mi’ babbo non mi ha detto mai che ci fossero dei paesi nei quali non si potesse correre...

— Tu sei nel regno dei Fannulloni, piccino mio: e bisogna che tu ti uniformi alle leggi vigenti nel regno: me ne dispiace per il tuo babbo...

— Ah! io sono nel regno dei Fannulloni? Cioè, nel paese in cui i ragazzi non sono obbligati nè a leggere, nè a scrivere, nè a far di conto? cioè, nel paese in cui è permesso di dormire metà della giornata e ruzzare durante l’altra metà? Dove non ci sono nè maestri, nè precettori? Dove non ci sono nè libri, nè quaderni di scuola?...

L’uomo del carro, ridacchiando, accennava di sì con il capo.

— Ma allora, - gridò Ciuffettino, mentre il cuore gli si gonfiava per la contentezza - sono arrivato proprio nel paese che sognavo da tanto tempo!... Che bellezza! Altro che paese de’ Sapienti, altro che impero de’ Pappagalli!... Il regno de’ Fannulloni! Ecco il mio ideale...! Ah!... caro il mi’ omo: io non mi muovo più di qui, neanche se mi pigliano a calci. A proposito, scusate: come si potrebbe fare per arrivare alla città, senza andare a piedi? Mi sento quasi stanco...

— Prima c’era un tram elettrico - disse quello del carro, accomodandosi meglio sul suo letto di fieno ma adesso l’hanno levato perchè correva troppo... Eh, se ci andassi io, ti ci porterei...

— Quante miglia ci sono?

L’uomo fece un atto con le spalle come a dire.

— E chi lo ha mai saputo?

— Basta, pazienza, andrò a piedi - mormorò Ciuffettino, imbronciato - che noia!