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Lungo è poi il vaneggiar d’amore, e d’ira,
Lunga è vecchiezza ed a soffrir non lieve.
Così lunga ogni età sembra a chi vive;
10Ma giunto il fin, ne duole, e un punto solo
Poi sì varie lunghezze ogn’uom descrive.
Onde dico al mio cor: Sorgi dal suolo;
Che dà il Mondo, se i dì, ch’ei ne prescrive,
Vivergli è pena, e terminargli è duolo?
VII1
Donna real, cui diè Senna la cuna,
Sarmatia il Trono, e Roma t’apre il Cielo,
Che con alma sì bella, in sì bel velo
Già di te festi innamorar Fortuna.
5Ella un serto ti diè; ma te n’aduna
Altro di stelle la pietade, e ’l zelo:
Emula al gran Consorte, egli col telo,
Co’ voti tu festi ecclissar la Luna.
Manca per maggior gloria al figlio un regno;
10Sorte l’offrì; ma il genitor, non voglio,
Gridò dal Cielo; e fu pensier più degno.
Io, disse, gli mostrai come l’orgoglio
Si domi al trace. Ha di regnar disegno?
Vada a ritorre al gran tiranno il soglio.
VIII
Poi che superbia rea l’alme più belle
Rapì dal Cielo, e fè cangiare in mostri,
Mille colà dentro i tartarei chiostri
Nacquer da incesti rei furie novelle.
5Frode ed invidia al ben oprar rubelle,
Spargeste allor primiere i toschi vostri:
Avarizia, e lascivia a’ danni mostri
Sorsero, al lusso e all’interesse ancelle.
Ma per unir d’ogn’altra in una i mali,
10In cui tuto stillossi il pianto eterno,
Ebbe l’ingratitudine i natali;
- ↑ A Maria Casimira Regina di Ponolia.