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XIV |
VINCENZO DA FILICAIA.1
Tirsi, qui appunto, ove in quest’urna incisa
Miri di Morte l’alta impresa e fiera,
Per cui mano il valor vero, e la vera
Gloria si vide in un sol colpo uccisa:
5Su regio soglio alteramente assisa
M’apparve in sogno quella grande altera
Donna, ch’è morta, e che ancor morta impera:
Indi ruppe il silenzio in simil guisa:
Io son colei, che in terra, oggi ha il terz’anno
10Lasciai ’l mio velo, e quanto vissi, e quale
Sallo il mondo, e i non nati anche il sapranno.
Ma vissi men di quel ch’io vissi, e tale
Fui, che sol vissi fuor del regio scanno:
Nè colà, dov’io nacqui, ebbi il natale.
GIUSEPPE PAOLUCCI.2
Di febbre ria, ma più dal duolo oppressa
Langue, o Tirsi, d’Arcadia il più bel fiore:
Ninfa, che non so dir, se porti impressa
Beltà maggior nel volto, oppur nel cuore.
E langue sì, ch’ella non par la stessa,
Che di tant’alme vinte ebbe l’onore:
Tal di maligno umor nube atra e spessa
Cuopre que’ lumi, ond’è sì dolce amore.
Ma da’ languidi rai non però cade
Men grave il dardo, ond’il mio cuor s’accende,
Anzi vie più pungente il fa pietade:
Chè quando da virtude il vigor prende
D’amore il fuoco, ei per mancar beltade
Punto non scema, o chiaro men risplende.