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     D’un Pino all’ombra, e fra le Ninfe assiso.
5Ma belò da que’ labbri il suon diviso,
     Qual Capro appunto, a cui fuggìo la Madre;
     Quinci le Ninfe il deridean leggiadre,
     E applauso il folle a se credea quel riso.
Sì, preso in lode il dileggiar di quelle,
     10Ardì Febo sfidar, stordendo infino
     A far tutte fuggir le Pastorelle.
Nè lasciò il flauto, sinchè appesa al Pino
     Il biondo Dio non ne lasciò la pelle.
     Marzia, guardami il Ciel dal tuo destino.


II


Cadde Agnelletto ad Armellin simìle
     Già del tenero Osmin delizia, e cura,
     Che qual servo Signor, seguialo umìle
     Ai cari fonti, alla fedel pastura,
5Soleagli già quasi bel crin sottile,
     Dispor la lama inanellata e pura;
     E sù la fronte allo spuntar d’Aprile
     Ordinar fiori, ed intrecciar verdura.
Ed or tutto pietà nel dargli aita,
     10Su lui baci iterando, e baci e baci,
     Credea così di ritenerlo in vita.
Quasi a i vitali spiriti fugaci
     Basti il baciar, per impedir l’uscita:
     Cara semplicità quanto mi piaci!


III1


Greco Cantor, qualora io fisso aperte
     Sovra de’ carmi tuoi le mie pupille,
     Se o l’ira canti dell’invitto Achille,
     O i lunghi error dei figli di Laerte,
5Monti, Fiumi, Città, Foreste e Ville
     Veder parmi da rupi esposte ed erte,
     E quà colte campagne, e là deserte
     L’occhio invaghir di mille oggetti e mille:

  1. Ad Omero.