Pagina:Zibaldone di pensieri I.djvu/245

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(106-107) pensieri 217

*   Quando io era fanciullo, diceva talvolta a qualcuno de’ miei fratellini. Tu mi farai da cavallo. E legatolo a una cordicella, lo venia conducendo come per la briglia e toccandolo con una frusta. E quelli mi lasciavano fare con diletto, e non per questo erano altro che miei fratelli. Io mi ricordo spesso di questo fatto, quando io vedo un uomo, sovente di nessun pregio, servito riverentemente da questo e da quello in cento minuzie ch’egli potrebbe farsi da se, o fare ugualmente a quelli che lo servono, e forse n’hanno piú bisogno di lui, che alle volte sarà piú sano e gagliardo di quanti ha dintorno. E dico fra me: né i miei fratelli erano cavalli, ma uomini quanto me, e questi servitori sono uomini quanto il padrone e simili a lui in ogni cosa; e tuttavia quelli si lasciavano guidare benché fossero tanto cavalli quant’era io, e questi si lasciano comandare; e tra questi e quelli non vedo nessun divario (26 marzo 1820).


*   Le genti per la città dai loro letti, nelle lor case in mezzo al silenzio della notte, si risvegliavano e udivano con ispavento per le strade il suo orribil pianto ec.


*   Stile francese — Stile di conversazione — Stile ordinario de’ nostri pittori — Stile arcadico o frugoniano.


*   Come potrà essere che la materia senta e si dolga e si disperi della sua propria nullità? E questo certo e profondo sentimento, massime nelle anime grandi, della vanità e insufficienza di tutte le cose che si misurano coi sensi, sentimento non di solo raziocinio, ma vero, e, per modo di dire, sensibilissimo sentimento e dolorosissimo, come non dovrà (107) essere una prova materiale, che quella sostanza che lo concepisce e lo sperimenta, è di un’altra natura? Perché il sentire la nullità di tutte le cose sensibili e materiali