Pagina:Zibaldone di pensieri I.djvu/465

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(387-388-389) pensieri 437

natura non insegna nulla? non prescrive nulla? Concedo la vostra definizione della felicità, ammetto le facoltà dell’uomo che voi ammettete, dico che debbono esser d’accordo (388) fra loro, d’accordo colle leggi che risultano dalla loro natura, perfettamente sviluppate secondo la loro natura, godere del loro oggetto secondo la loro natura. I principii son veri, l’applicazione è falsa. Voi continuate a stare sull’assoluto invece di passare al relativo. Cioé, la natura dell’uomo non è quella che voi dite. Del resto so anch’io che la filosofia è piú contraria alla natura che la religione, ma non ne segue che non ci siano altri insegnamenti se non della religione o della filosofia, che non ci siano altre cognizioni, altri amori, altre azioni, cioè quelli che la natura ci ha ispirati e dettati; né molto meno che questi non sieno analoghi alle nostre facoltà ed alle leggi della nostra natura; né che l’uomo naturale sia infelice ec. ec. ec. e che le leggi della nostra natura non sieno quelle della nostra natura. Convien conoscerle, dic’egli, per conformarcisi. E io dico che l’uomo le conosce dal suo nascere, e dovea necessariamente conoscerle per non essere un ente contraddittorio e bisognoso per esser felice di cose che non possiede essenzialmente e primordialmente, al contrario di tutti gli altri enti. (7 dicembre 1820).


*   Alla p. 384. Cosí il desiderio che ha l’uomo di amare è infinito non per altro se non perché l’uomo si ama di un amore senza limiti. E conseguentemente desidera di trovare (389) oggetti che gli piacciano, di trovare il buono (intendendo per buono anche il bello e tutto ciò che affetta gradevolmente qualunque delle nostre facoltà); desidera dunque di amare, ossia di determinarsi piacevolmente verso gli oggetti. E lo desidera senza confini, tanto rispetto al numero di questi oggetti, quanto rispetto alla misura della loro bontà,