Pagina:Zibaldone di pensieri II.djvu/348

Da Wikisource.
(1007-1008) pensieri 335



*    Alla p. 1003, fine. Oltre le dette considerazioni la lingua francese, è anche estremamente distinta dall’italiana, perciò ch’ella è fra le moderne cólte, e per conseguenza fra tutte le lingue, senza contrasto la piú serva, e meno libera; naturale conseguenza dell’essere sopra tutte le altre, modellata sulla ragione. Al contrario l’italiana è forse e senza forse, fra le dette lingue la piú libera, cosa la quale mi consentiranno tutti quelli che conoscono a fondo la vera indole della lingua italiana, conosciuta per verità da pochissimi, e ignorata dalla massima parte degl’italiani, e degli stessi linguisti. Nella quale libertà la lingua italiana somiglia sommamente alla greca; ed è questa una delle principali e piú caratteristiche somiglianze che si trovano fra la nostra lingua e la greca. A differenza della latina, la quale, secondo che fu ridotta da’ suoi ottimi scrittori, e da’ suoi formatori e costitutori, è sommamente ardita, e sommamente varia, non perciò sommamente  (1008) libera, anzi forse meno di qualunque altra lingua antica, uno de’ primi distintivi delle quali è la libertà. Ma la lingua latina sebbene non suddita in nessun modo della ragione, è però suddita, dirò cosí, di se stessa, e del suo proprio costume, piú di qualunque antica: il qual costume fisso e determinato per tutti i versi, ancorché ardito, ella non può però trasgredirlo, né alterarlo, né oltrepassarlo ec. in verun modo; cosí che sebbene ella è ricchissima di forme in se stessa, non è però punto adattabile a verunissima altra forma, né pieghevole se non ai modi determinati dalla sua propria usanza. E perciò appunto, come ho detto altrove, ella non era punto adattata alla universalità, perché l’ardire non era accompagnato dalla libertà. E la perfetta attitudine alla universalità consiste nel non essere né ardita né varia né libera, come la francese. Un’altra attitudine meno perfetta nell’essere e ardita e varia, e nel tempo stesso libera, come la greca. L’ardire e la varietà,