Pagina:Zibaldone di pensieri III.djvu/153

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(1401-1402-1403) pensieri 139

di altri piaceri sensibili, e finalmente va per gradi avvezzandosi, fino a provar piaceri meno dipendenti dai sensi. Il piacere dei racconti, sebbene questi vertano sopra cose sensibili e materiali, è però tutto intellettuale, o appartenente alla immaginazione, e per nulla corporale né spettante ai sensi. L’esser divenuto capace di questi piaceri assai di buon’ora, indica manifestamente una felicissima disposizione, pieghevolezza ec. degli organi intellettuali, o mentali,  (1402) una gran facoltà e vivezza d’immaginazione, una gran facilità di assuefazione e pronto sviluppo delle facoltà dell’ingegno ec. (28 luglio 1821).


*    Alla pag. 1318. capoverso 1. Si può osservare che la lingua italiana ha coltivata l’antica filosofia, ed abbonda di scrittori (anche classici) che la trattino o exprofesso o incidentemente e per solo uso, piú di qualunque altra lingua moderna. Le cagioni son queste. La detta filosofia col progresso delle scienze si spense. Non vale dunque che altre lingue moderne possano avere avuti piú filosofi e piú scrittori ancora dell’italiana. Bisogna vedere in qual tempo. Ora tutte le lingue moderne sono state applicate alla letteratura ec. assai piú tardi dell’italiana. Quindi pochissimo hanno potuto dar opera all’antica filosofia. Laddove l’italiana dal trecento al 600, da Dante a Galileo, vale a dire dal risorgimento degli studi, alla rinnovazione della filosofia, coltivò sempre la filosofia antica, si arricchí delle sue voci ec. ec. Oltreché avendo posto gl’italiani in detto spazio di tempo assai piú amore ec. in ogni genere di studi che qualunque altra nazione, seguita che la filosofia  (1403) antica che dopo quei tempi si spense, fiorisse in Italia piú che altrove, dopo il risorgimento degli studi, coincidendo coll’epoca d’oro della letteratura italiana. Quindi anche i letterati puri n’erano studiosissimi, e ne solevano far grand’uso, mossi fors’anche dall’esempio di Dante,