Pagina:Zibaldone di pensieri III.djvu/192

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178 pensieri (1467-1468-1469)

è l’unico mezzo. E questa è la cosa piú difficile, ma l’ultimo scopo della filosofia. Ora forse non poche idee  (1468) astratte ec. che rimangono oscure nella filosofia moderna per mancanza di nome particolare o abbastanza esatto ec., hanno forse la loro perfetta denominazione e quindi son chiare nell’antica moltiplice filosofia o nella scolastica o nella teologia ec. (7 agosto 1821).


*    La detta applicazione non credo che sia stata mai fatta, almeno sufficientemente. Quando il Cartesio imprese la riforma della vecchia filosofia, dovette, secondo la qualità di que’ tempi (e pur troppo di tutti i tempi) entrare in guerra aperta colle scuole d’allora, e il mondo avrebbe stimato ch’egli prevaricasse o desse indizio di povertà o fiacchezza, se avesse voluto servirsi piú che tanto del linguaggio de’ suoi nemici. Cosí a poco a poco, prevalendo la nuova dottrina, non piú a causa della ragione che della novità, e dismessa la vecchia filosofia, nessuno ebbe cura bastante di cernere il buono dal cattivo e, gittando questo, conservare o richiamar quello, massime circa il linguaggio. In ordine alla teologia molto peggio. La teologia s’é abbandonata da chiunque ora influisce cogli studi sullo spirito d’Europa ec., non per migliorarla o rinnovarla, ma del tutto, come scienza vecchia, e  (1469) quasi come l’alchimia. Ora quanto sia il numero degli scrittori e pensatori teologici diversissimi di tempo, di paese, di lingua, di opinioni ancora e di sistemi e di sette, e conseguentemente quanta debba esser la ricchezza del linguaggio di questa scienza, linguaggio tutto astratto perché la scienza è tale, linguaggio che s’é tutto abbandonato e dimenticato insieme con lei, facilmente si comprende (8 agosto 1821).


*    Il formare il nostro Dio degli attributi che a noi paiono buoni, benché non lo sieno che relativamente,