Pagina:Zibaldone di pensieri III.djvu/408

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394 pensieri (1834-1835)

vente piú vero della fredda ragione, come si afferma, nel che non entro a discorrere, ma perché la stessa freddissima ragione ha bisogno di conoscere tutte queste cose, se vuol penetrare nel sistema della natura e svilupparlo. L’analisi delle idee, dell’uomo, del sistema universale degli esseri, deve necessariamente cadere in grandissima e principalissima parte sulla immaginazione, sulle illusioni naturali, sul bello, sulle passioni, su tutto ciò che v’ha di poetico nell’intero sistema della natura. Questa parte della natura non solo è utile ma necessaria per conoscer l’altra, anzi l’una dall’altra non si può staccare nelle meditazioni filosofiche, perché la natura è fatta cosí. La detta analisi, in ordine alla filosofia, dev’esser fatta non già dall’immaginazione o dal cuore, bensí dalla fredda ragione che entri ne’ piú riposti segreti dell’uno e dell’altra. Ma come può far tale analisi colui che non conosce perfettamente tutte le dette cose  (1835) per propria esperienza o non le conosce quasi punto? La piú fredda ragione, benché mortal nemica della natura, non ha altro fondamento né principio, altro soggetto di meditazione, speculazione ed esercizio che la natura. Chi non conosce la natura, non sa nulla e non può ragionare, per ragionevole ch’egli sia. Ora colui che ignora il poetico della natura, ignora una grandissima parte della natura, anzi non conosce assolutamente la natura, perché non conosce il suo modo di essere.


     Tale è stata ed è una grandissima parte de’ piú acclamati filosofi dal seicento in poi, massime tedeschi e inglesi. Avvezzi a non leggere, a non pensare, a non considerare, a non istudiare che filosofia, dialettica, metafisica, analisi, matematica, abbandonato affatto il poetico, spoeticizzata del tutto la loro mente, assuefatti ad astrarre totalmente dal sistema del bello e a considerare e porre la loro professione le mille miglia lontano da tutto ciò che spetta all’immaginazione e