Pagina:Zibaldone di pensieri IV.djvu/285

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(2492-2493-2494) pensieri 273

gli antichi, i pagani, i selvaggi, che presso i moderni, i cristiani, gl’inciviliti, quanto la somma della morale teorica e la perfetta cognizione, definizione, analisi e propagazione della medesima è maggiore presso questi che presso quelli. E nella stessa  (2493) proporzione si deve discorrere anche oggidí de’ cristiani piú rozzi e meno, o piú confusamente, istruiti de’ doveri sociali ed umani, per rispetto alla gente piú cólta e addottrinata ne’ medesimi doveri (24 giugno, dí di S. Giovanni Battista, 1822).


*    Né il titolo di filosofo né verun altro simile è tale che l’uomo se ne debba pregiare, nemmeno fra se stesso. L’unico titolo conveniente all’uomo e del quale egli s’avrebbe a pregiare, si è quello di uomo. E questo titolo porterebbe che chi meritasse di portarlo dovesse esser uomo vero, cioè secondo natura. In questo modo e con questa condizione il nome d’uomo è veramente da pregiarsene, vedendo ch’egli è la principale opera della natura terrestre o sia del nostro pianeta ec. (24 giugno, dí del Battista, 1822).


*    L’amor proprio, il quale, come ho dimostrato piú volte, è necessaria o quasi necessaria sorgente d’infelicità, era però (oltre l’essere una essenziale conseguenza e parte  (2494) dell’esistenza sentita e conosciuta dall’esistente) necessario ancora e indispensabile alla felicità. Come si può dare amor della felicità senz’amor di se stesso? Anzi questi due amori sono precisamente una cosa sola con due nomi. E come si potrebbe dar felicità senza amor di felicità? Giacché l’animale non può godere e compiacersi di quel che non ama. Dunque, non amando la felicità, non potrebbe goderla né compiacersene. Dunque quella non sarebbe felicità ed egli non la potrebbe provare. Dunque l’animale, se non amasse se stesso, non potrebbe esser felice e sarebbe essenzialmente incapace della felicità, e in