Pagina:Zibaldone di pensieri IV.djvu/288

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276 pensieri (2498-2499-2500)

tro se stesso e coll’opera, la propria salvezza a quella di quest’oggetto, ed è anche capace in un ultimo pericolo di sacrificar questo oggetto alla propria salute, dato il caso che questo sacrifizio, in qualunque modo s’intenda, gli fosse o gli paresse dovergli esser giovevole a scamparlo. Tutti i vincoli che legano l’animale ad altri oggetti, o suoi simili o no, si rompono col timore (26 giugno 1822).


*    L’estrema possibile semplicità o naturalezza dello stile, dello scrivere o del parlar francese civile, è sempre di quel genere ch’essi medesimi, in altre occasioni, chiamano maniéré. Anche il Salvini lo chiama ammanierato. Vedi la definizione di maniéré ne’ dizionari francesi, dove lo diffiniscono per un’abitudine viziosa che deforma tutto, e fa proprio al caso. Vedi, per esempio, il Tempio di Gnido, e le Favole di La Fontaine (26 giugno 1822). (2499)


*   Ho assegnato altrove come principio d’infinite e variatissime qualità dell’animo umano (per esempio, l’amor delle sensazioni vivaci) l’amor della vita. Questo amore però è non solo necessaria conseguenza, ma parte, ovvero operazione naturale, dell’amor proprio, il quale non può non essere amore della propria esistenza, se non quando quest’esistenza è divenuta una pena. Ma ciò non in quanto esistenza, ché l’esistenza in quanto esistenza è per natura eternamente amata sopra ogni cosa dall’esistente. Perocché tanto è amar la propria esistenza in quanto esistenza, quanto è amar se stesso. E sarebbe una contraddizione quasi impossibile a concepirsi, che l’esistenza non fosse amata dall’esistenza; e quindi che in certo modo l’esistenza fosse odiata dall’esistenza e combattuta dall’esistenza e contraria all’esistenza o anche semplicemente non cara e non gradita a se stessa, nemmeno in quanto se stessa (26 giugno 1822).  (2500)