Pagina:Zibaldone di pensieri IV.djvu/330

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318 pensieri (2582-2583-2584)

opporre al nostro amor proprio, a’ nostri interessi ec., che niun danno, niun dispiacere, niuno incomodo ci hanno mai recato, e fino anche della stessa specie umana; l’abbassamento della quale deriva nelle commedie o nelle satire ec. in astratto e senza specificazione d’individui reali, lusinga esso medesimo la nostra innata misantropia. E dico innata, perché l’amor proprio, ch’é innato, non può star senza di  (2583) lei (25 luglio, dí di S. Giacomo maggiore 1822).


*   Adesso chi nasce grande, nasce infelice. Non cosí anticamente, quando il mondo abbondava e di pascolo (cioè di spettacolo e trattenimento) e di esercizio e di fini e di premi all’anime grandi. Anzi a quei tempi era fortuna il nascer grande come oggi il nascer nobile e ricco. Perocché, siccome nella monarchia quelli che nascono di grande e ricca famiglia ricevono le dignità, gli onori, le cariche dalla mano dell’ostetrice (per servirmi di un’espressione di Frontone, ad Verr., l. II, ep. 4a, p. 121), cosí né piú né meno accadeva anticamente ai grandi e magnanimi e valorosi ingegni. I quali nelle circostanze, nell’attività e nell’immensa vita di quei tempi, non potevano mancare di svilupparsi, coltivarsi e formarsi; e sviluppati, formati e coltivati non potevano mancar di prevalere e primeggiare; come oggidí possono esser certi di tutto il contrario.  (2584) Lascio che quando gli animi erano piú grandi, tanto meglio erano disposti a godere della vita, la quale in quei tempi non mancava, e di tanto maggior vita erano capaci, e quindi di tanto maggior godimento; e perciò ancora era da riputarsi a vera fortuna e privilegio della natura il nascer grand’uomo, e s’aveva a considerare come un effettivo e realizzabilissimo mezzo di felicità: all’opposto di quello che oggi interviene (26 luglio, dí di S. Anna, 1822).