Pagina:Zibaldone di pensieri IV.djvu/74

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62 pensieri (2119-2120-2121)

insomma di nessun conto; ora che fossero contratti o in qualunque modo derivati dai verbi in itare e stessero insomma in vece loro (onde tanto fosse ductare quanto ductitare, e cosí di tutti gli altri verbi in solo are, che hanno per compagni  (2120) altri verbi analoghi in itare e che questi e quelli si usassero indifferentemente); ora che non ci fosse alcuna diversità primitiva di valore e di qualità fra i verbi originarii e quelli formati colla sola giunta dell’are dai loro participii in us, troncando l’us (18 novembre 1821).


*    Alla p. 2059. Viceversa, dacché le circostanze politiche e sociali dell’imperio romano erano quali ho detto, da che la capitale era cosí immensa, dacché Roma, il vero centro, la vera immagine e tipo della nazione e dell’impero, e da che questo e quella erano realmente contenuti in Roma, come la Francia in Parigi, non poteva accadere se non come accadde, cioè che l’unica lingua latina o dialetto riconosciuto letterato ec. fosse il romano, come in Francia il parigino, e che la lingua, letteratura, costume, spirito, gusto della capitale, determinasse quello dell’impero e massime dell’Italia, come fa Parigi  (2121) in Francia. Gli scrittori latini, per forestieri che fossero, in Roma si allevavano e conversavano lungo tempo e quivi insomma imparavano a scriver latino. Quelli che non vivevano in Roma, o che poco vi dimorarono, si allontanarono spessissimo dalla proprietà latina, che non era se non romana, scrissero in dialetto piú o meno diverso dal romano e oggi si chiamano barbari. Ciò non fu, si può dire, se non se nei bassi tempi, cioè specialmente dopo Costantino, quando Roma, scemata di potenza e d’autorità ec., non fu piú il centro o l’immagine dell’impero. La degenerazione della lingua latina che allora accadde si attribuisce ai tempi, ma si deve anche attribuire ai luoghi, cioè