Pagina:Zibaldone di pensieri VI.djvu/179

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174 pensieri (3784-3785)

qualsivoglia specie, e massime nell’umana (che da una parte, essendo la prima, doveva esser la piú felice e perfetta, dall’altra, in una società stretta, è necessariamente piú di tutte sottoposta ai detti inconvenienti) ripugna dirittamente al principio stesso della ragione. La natura non ha posto nel vivente l’odio verso gli altri, ma esso da se medesimo è nato dall’amor proprio per natura di questo. Il quale amor proprio è un bene sommo e necessario, e in ogni modo nasce per se medesimo dall’esistenza sentita, e sarebbe contraddizione un essere che sentisse di essere e non si amasse, come altrove ho dichiarato. Ma da questo principio, ch’è un bene e che la natura non poteva a meno di porre nel vivente e che  (3785) anzi, senza l’opera diretta della natura, nasce necessariamente dalla stessa vita (onde la natura medesima, per cosí dire, lo aveva e lo ha, verso se stessa, indipendentemente dal suo volere1)); ne nasce necessariamente l’odio verso altrui, ch’è un male, perché dannoso di sua natura alla specie come ne nascono cento altre conseguenze, che sono mali, e producono di lor natura effetti dannosissimi, non pure alla specie e agli altri individui, ma all’individuo medesimo. Or questi effetti non sono stati voluti dalla natura, né ella n’ha colpa (come l’avrebbe), perché ella ha provveduto che quelle cattive conseguenze dell’amor proprio fossero inefficaci, e tali sarebbero state nell’esser naturale di quel tale individuo e specie. Cosí ella dunque ha provveduto che l’odio verso gli altri individui della stessa specie fosse inefficace, se non per qualche assoluto accidente, perché privo di occasione e di stimolo e di circostanza ove potesse operare. E ciò ha fatto destinando agli individui di una stessa specie, e fra questi agli uomini, o niuna società, o scarsa e larga.

  1. Vedi la p. 3813.