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(4174-4175) pensieri 105

il complesso dei tanti mondi che esistono; l’universo; non è che un neo, un bruscolo in metafisica. L’esistenza, per sua natura ed essenza propria e generale, è un’imperfezione, un’irregolarità, una mostruosità. Ma questa imperfezione è una piccolissima cosa, un vero neo, perché tutti i mondi che esistono, per quanti e quanto grandi che essi sieno, non essendo però certamente infiniti né di numero né di grandezza, sono per conseguenza infinitamente piccoli a paragone di ciò che l’universo potrebbe essere se fosse infinito; e il tutto esistente è infinitamente piccolo a paragone della infinità vera, per dir cosí, del non esistente, del nulla.

Questo sistema, benché urti le nostre idee, che credono che il fine non possa essere altro che il bene, sarebbe forse piú sostenibile di quello del Leibnitz, del Pope ec. che tutto è bene. Non ardirei però estenderlo a dire che l’universo esistente è il peggiore degli universi possibili, sostituendo cosí all’ottimismo il pessimismo. Chi può conoscere i limiti della possibilità?  (4175)

Si potrebbe esporre e sviluppare questo sistema in qualche frammento che si supponesse di un filosofo antico, indiano ec.

Cosa certa e non da burla si è che l’esistenza è un male per tutte le parti che compongono l’universo (e quindi è ben difficile il supporre ch’ella non sia un male anche per l’universo intero, e piú ancora difficile si è il comporre, come fanno i filosofi, Des malheurs de chaque être un bonheur général. Voltaire, Épître sur le désastre de Lisbonne. Non si comprende come dal male di tutti gl’individui senza eccezione, possa risultare il bene dell’universalità; come dalla riunione e dal complesso di molti mali e non d’altro, possa risultare un bene). Ciò è manifesto dal veder che tutte le cose al lor modo patiscono necessariamente, e necessariamente non godono, perché il piacere non esi-