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zola

ne d’un vestito da ballo; tunica di seta color malva, drappeggiata e sorretta da fiocchi di trina, vita molto scollata, fiocchi di trina anche sulle spalle.

— Vedrete, diceva — mi faccio fare una vita a quel modo, con un certo raso...

— Io, — interruppe la signora Bourdelais — ho comprato del velluto, un velluto, care mie... e l’ho pagato una miseria!...

La signora Marty chiese:

— Eh? quanto costa la seta?

E tutte le voci si confusero da capo. La Guibal, Enrichetta, perfino Bianca, misuravano, compravano, tagliavano, raccomandavano. Un saccheggio di stoffe, la devastazione dei magazzini; una frenesia di lusso che si spandeva in abiti, ragione di sogni e d’invidie; una tale e tanta felicità per loro quel sentirsi tra le stoffe, che vi vivevano dentro come nell’aria tiepida necessaria alla loro esistenza.

Il Mouret aveva frattanto gittata un’occhiata nella sala. E in poche frasi bisbigliate in un orecchio al barone, come se gli avesse fatta una di quelle confidenze di avventure amorose che gli uomini qualche volta arrischian fra loro, terminò di spiegargli il meccanismo del gran commercio moderno. Allora anche piú in alto, proprio in vetta, come fine ultimo, apparve lo sfruttamento della donna. Tutto andava a finir lí: il capitale rinnovato incessantemente, il sistema di ammucchiamento delle merci, la mostra che attrae, i prezzi fissi che impediscono ogni sospetto di frode. La donna era quella che i magaz zini si disputavano con la concorrenza, quella che pigliavano continuamente nel tranello delle loro «occasioni straordinarie», dopo averla stor-


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