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Pagina:Zola - Il paradiso delle signore - 1936 - Mondadori.pdf/116

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zola

Nondimeno anch’egli, come il Bourdoncle, ebbe a concludere, per la sua vecchia esperienza:

— Badate che si vendicheranno.

Ma il Mouret alzò le spalle con un moto di schiacciante disprezzo. Gli appartenevano tutte, le donne erano roba sua, ed egli non era di nes suna. Non appena avesse spremuta da loro la sua ricchezza e i suoi piaceri, le gitterebbe in un mucchio sulla via a coloro che potessero spremerne ancora tanto da viverne: era un disprezzo ragionato, da meridionale e da speculatore.

Dunque, caro signore, — domandò per venire a una conclusione — volete accordarvi con me? L’affare dei terreni vi sembra possibile?

Il barone, per quanto fosse quasi convinto, non volle prendere impegni. In fondo alla simpatia che a mano a mano s’impossessava di lui, gli restava un dubbio. E stava per rispondere in modo evasivo, quando una frettolosa chiamata delle signore lo levò d’impaccio. Tra leggiere risate si sentiva ripetere:

— Signor Mouret! signor Mouret!

E siccome egli, indispettito d’essere cosí interrotto, fingeva non sentire, la signora De Boves, che s’era alzata in quel momento, venne fin sull’uscio del salottino:

— Abbiam bisogno di voi, signor Mouret. Bella cortesia ficcarsi cosí nei cantoni a discorrere di affari!

Allora dové risolversi, e si risolvette facendo vista di nulla, anzi fingendosi lietissimo di quel la chiamata; contegno di cui il barone ebbe a meravigliarsi.

Tutt’e due si alzarono e andarono nella sala.

— Ai vostri comandi, signore mie! — disse egli, nell’entrarvi sorridendo.


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